Successioni a rischio per holding e immobiliari?

12 Aprile 2023

Notizia Flash n° 22/2023

——Il dubbio è lecito dopo la recente ordinanza n. 6082/23 del 28 febbraio 2023 della Corte di Cassazione, chiamata a giudicare la corretta applicazione dell’esenzione da imposta di donazione e successione – prevista dall’art. 3, comma 4-ter del D.Lgs. n. 346/90 – nel caso di trasferimento di una partecipazione di controllo in una società immobiliare di gestione.

——Innanzitutto, cosa dispone la norma in commento? Essa prevede che “i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia (…) a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta [sulle successioni e donazioni – n.d.r.]. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi1 (…) il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, primo comma, numero 1), del codice civile”; la norma richiede che l’esercizio dell’attività d’impresa ovvero il controllo vengano mantenuti per almeno cinque anni dalla data del trasferimento.

——Va preliminarmente evidenziato che la sopra richiamata disposizione è stata all’epoca emanata in accoglimento delle indicazioni della Commissione UE (raccomandazioni 94/1069/CE del 1994 e 98/C93/02 del 1998) volte a favorire la continuità delle imprese nel passaggio generazionale.

——Stanti tali finalità, dapprima la Corte Costituzionale (sentenza n. 120/20), poi l’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello n. 552/21), ed ora la Corte di Cassazione (ordinanza n. 6082/23), ritengono necessaria la sussistenza dell’effettivo esercizio di un’attività d’impresa da parte della società il cui controllo è oggetto di trasferimento per successione o donazione. Se la giurisprudenza ha evidenziato che “l’esigenza di garantire la continuità aziendale nella giurisprudenza (…) è stata valorizzata in particolare in quanto preordinata alla garanzia del diritto al lavoro, laddove il legislatore ha «inteso realizzare un intervento diretto a garantirne la continuità ed a permettere la conservazione del rilevante valore dell’azienda (costituita da una pluralità di beni e rapporti, di varia natura), al fine di scongiurare, in tal modo, anche una grave crisi occupazionale»2, la prassi, dal canto suo, ha posto l’accento sulla “necessaria ed indispensabile presenza dell’oggetto principale della disposizione agevolativa in esame, vale a dire la sussistenza di un’azienda (…), intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, anche per evitare «una conseguente perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico»3 .  

——Nel mirino finiscono, inevitabilmente, le società cd. “holding pure” – cioè quelle che posseggono partecipazioni senza esercitare alcuna attività di direzione e coordinamento delle partecipate –, le società cd. “immobiliari pure” – cioè quelle dedite al mero godimento di beni immobili, senza l’esercizio di un’attività d’impresa – e, più in generale, le cd. “società cassaforte” – cioè i soggetti giuridici meri “contenitori” di beni non costituenti un’azienda, quali: denaro, fabbricati, terreni, valori mobiliari.

——Ma anche il ricorso alle società semplici in ottica successoria riceve un forte scossone: la caratteristica fondamentale di tali società è data dal fatto che esse possono avere ad oggetto esclusivamente l’esercizio di un’attività economica non commerciale, la qual cosa esclude il possesso di un’azienda.

1Ci si riferisce a Spa, Sapa, Srl, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato.

2Corte Costituzionale, sentenza 23 giugno 2020, n. 120.

3Agenzia delle Entrate, risposta a interpello n. 552 del 25 agosto 2021.