Il credito prescritto non consente l’emissione della nota di variazione per il recupero dell’IVA

21 Marzo 2022

Notizia Flash n. 1/2022


———-Lasciar cadere in prescrizione un credito – cioè rimanere inattivi per almeno 10 anni senza inviare al debitore un benché minimo sollecito di pagamento – può costare caro.

———-Con la risposta all’interpello n. 102 pubblicata in data 10 marzo 2022 l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità – nella fattispecie – di emettere la nota di variazione per il recupero dell’IVA, sostenendo che la pretesa creditoria era rimasta insoddisfatta non già per incapienza del patrimonio del debitore, bensì per l’inerzia del creditore che aveva lasciato prescrivere il credito.

———-La risposta dell’Agenzia delle Entrate – che, nella fattispecie, faceva seguito al rifiuto da parte del Tribunale all’ammissione al passivo del credito – suona come un monito all’attenta lettura dell’art. 26 del D.P.R. 633/72 che regola l’emissione della nota di variazione ai fini IVA: la prescrizione del credito – sottolinea l’Amministrazione finanziaria – non può essere assimilata alle fattispecie della nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione, che invece legittimano l’emissione della nota di variazione.

———-Nella “pulizia” dei vecchi crediti, che talora si riscontrano nelle contabilità, attenzione dunque a gestire correttamente l’eventuale recupero dell’IVA, soprattutto per le posizioni più datate e non sfociate in procedure concorsuali.